GUSTAVO E RENE’ discutono sul tempo e la coscienza

II. IL QUI ED ORA

Gustavo. Non so se ricordi quella battuta del protagonista di una commedia di De Filippo che, risvegliandosi al mattino a un orario piuttosto comodo, non si capacitava di come potesse avvenire che di sera, appena andava a letto, immediatamente si risvegliava, ed erano le nove del giorno seguente ! Beato lui …doveva avere un sonno di piombo ! Un sonno senza pensieri, emozioni, fantasie , insomma senza coscienza Dunque il buon signor Cupiello senza saperlo stava affrontando uno dei temi capitali della conoscenza umana: il Tempo e la coscienza !

Renè. E’ proprio così: niente coscienza, niente tempo. Mi chiedo tuttavia se obiettivamente il tempo sia una dimensione della coscienza oppure il tempo esista di per se, voglio dire obiettivamente; e se io non sono presente a percepirlo, è come se non esistesse: è ovvio che chiunque giurerebbe sull’esistenza del tempo indipendentemente dalla coscienza.

G. … una “dimensione della coscienza” ! Mi riporti a Kant, anche se la filosofia occidentale non parla spesso di coscienza quanto di “ragione” ; e forse ci riferiamo alla stessa cosa.. Comunque, secondo Kant, il tempo più che rappresentare una cosa, una realtà indipendente, è una maniera di percepire la realtà; una delle lenti imprescindibili e uguale per tutti che ci permette di acquisire la realtà delle cose. Una visione obiettiva, non filtrata da questa lente del tempo, è impossibile. E dunque la ragione, oggi diremmo la coscienza , non ha accesso alla realtà tout court ma soltanto alla sua traduzione in termini temporali, cioè ogni cosa che l’uomo conosce è vista e riconosciuta in uno spazio e in un tempo; e non c’è possibilità che non sia così !

R. Grande Kant!

G. Il tema è comunque antico e risale ai primordi del pensiero: Platone , Aristotele e poi Cartesio ci lasciano capire che il tempo è parte della creazione divina; cioè il tempo sarebbe stato creato insieme alle altre cose per cui il Creatore ne è al difuori, in una dimensione eterna che non spetta a noi mortali! Consentimi una citazione che mi sembra, bellissima. E’ di Platone che definisce il tempo come “l’immagine mobile dell’eternità “.

R. Insomma l’eternità è ferma mentre il tempo si muove ?

G. “. Certo : Il tempo lo cogliamo proprio nel movimento, nel mutamento , nei cicli della natura, dal giorno alla notte, le stagioni, il turbinio dei nostri pensieri, sensazioni, azioni. Più cose si muovono, più cose facciamo, o più cose cambiano intorno a noi e maggiore è la percezione del tempo che trascorre.

R. Psicologicamente, infatti, se facciamo tante cose, ad esempio quando siamo in viaggio, ci sembra che sia trascorso molto tempo; mentre se non cambia niente, nelle nostre giornate routinarie, sembra che sia passato pochissimo tempo, anche se in realtà son passati mesi o anni! Tant’è che quando diciamo “… ma come passa veloce il tempo !” è probabile che la nostra vita sia monotona e routinaria.

G. Eppure è proprio difficile pensare che il tempo sia una specie di illusione.

R. Difficile ma intrigante ! Questo mi riporta a un tema molto presente in certe correnti della psicologia e in molti sistemi di lavoro interiore e cioè la dimensione del qui e ora come possibilità di vivere, in qualche modo senza passato e senza proiettarci nel futuro. Il tempo, ridotto al solo presente, senza le sue altre due coordinate del passato e del futuro, diventa qualcos’altro. Esistono centinaia di libri scritti recentemente sul tema, ma devo confessarti che mi perdo perché vorrei cogliere il concetto, il significato corretto di queste parole “qui ed Ora” . Vorrei afferrare un qualcosa da queste parole , coglierne la concretezza, ma non vado oltre il buon senso comune del “carpe diem “ di Orazio, insomma il buon “vivi alla giornata”. Eppure sento che c’è qualcos’altro; ed ho sempre ragionato così: calato come sono nel tempo, nel mentre il qui lo posso identificare con il luogo dove sono, l’”ora” è assolutamente sfuggente. Quando dico o penso “qui e ora” accade che, mentre sto pronunciando o pensando la parola “ora” ,il qui è già nel passato; mentre sono nel pur brevissimo istante che contempla la “a” di ora, la “o” e la “r” sono già passato anch’esse. Insomma il tempo non puoi fermarlo e per pretendere di vivere il presente, dovresti invece fermarlo. La conseguenza che ne traggo è che il qui ed ora non è altro che la fonte da cui sgorga il passato e che non esiste altro tempo reale, che il passato; il quale si srotola continuamente dinanzi alla nostra coscienza. Anche il futuro non è altro che il passato che verrà quello che apparirà sgorgando dalla sorgente del qui ed ora . Seppure il presente esistesse, non sarebbe altro che una frazione di secondo così breve che la coscienza non potrà mai cogliere e, quanto al viverci stabilmente, sarebbe come voler galleggiare immobili e tranquilli sull’acqua di una cascata mentre scende giù dall’alto, veloce e impetuosa. Dunque tutto quanto registriamo, viviamo, riconosciamo , non è altro che passato che resta l’unico tempo grammaticale a cui corrisponda la realtà.

G. San Agostino ti potrebbe essere di aiuto, e non è tanto lontano dai tuoi ragionamenti. Premesso che anch’egli ritiene che Dio non crei nel tempo, ma crei il tempo insieme a tutto il resto; infatti tutto quanto esiste, e non è Dio, è creato da Dio. Scusa ma sembra proprio un gioco di parole ! Comunque il concetto del qui ed ora che tanto ti intriga, forse potrebbe ricollegarsi a quanto Agostino dice riguardo al fatto che passato presente e futuro sono forme del presente in quanto “ il presente del passato è la memoria, il presente del presente è la visione, il presente del futuro è l’attesa” . Cioè passato e futuro sono qui ed ora nella nostra coscienza sotto la forma di memoria o di attesa.
Ti senti meno inquieto ?

R. Ciò non esclude , tuttavia, che le cose cambino continuamente e soltanto attraverso il tempo possiamo cogliere i cambiamenti….

G. Esattamente quanto dice Agostino: l’anima misura il divenire mediante le categorie del “prima” e del “poi”. Se non c’è divenire , cioè i continui cambiamenti della vita, il tempo non esiste.

R. Ottima idea! E mi ricorda Dante e il mio odioamore per lui. Quando ci porta in Paradiso, in uno dei canti un po’ noioso come lo è il Paradiso, ci dice che in paradiso non c’è né fede , né speranza….Ma come, proprio tra i santi non c’è fede? E’ ovvio che vivendo nella continua Presenza di Dio, tutti in circolo in amorevole e trasfigurata contemplazione di Colui , quale speranza vuoi che ci sia: tutto quello che si può sperare e in cui devi credere ce l’hai davanti, già e per sempre ! Il sommo poeta ci trasmette, allo stesso tempo, un’idea di eterno presente in Dio dove non può esservi alcun cambiamento, nessuna evoluzione possibile perché siamo dinanzi alla Perfezione a cui non manca nulla e che non ha bisogno del tempo per muoversi da dove è , da quel che già è da sempre e per sempre. Se Dio crea il tempo, non vi è tuttavia soggetto, non gli serve a nulla. Noi poveri mortali invece, ci dibattiamo con la scarsezza di tempo che ci è concessa, dobbiamo cambiare un sacco di cose, in noi e fuori di noi, nello spazio e neanche siamo in grado di pensare a una dimensione immobile e statica, senza cambiamenti e dunque senza tempo.

G. Come dice Heideger: ne abbiamo poco …. Non lo sprechiamo, la morte è in agguato !

R. Accettato dunque che tempo e cambiamento sono tutt’uno, resta il mio tormento di prima . Se così stanno le cose e se accettiamo di vivere sotto la dimensione del tempo, perché preferire il presente al passato o al futuro? ? Perché il presente è magico ?
Se poi si vuole ridurre il presente ad una metafora per dire di non distrarsi con inutili fantasie da quel che si sta facendo, mi pare poca cosa e non certamente degna di essere considerata così importante.

G. In realtà il tema sarebbe allora: esiste per noi, poveri mortali, la possibilità di vivere o perlomeno intuire una dimensione propria della divinità e di quei beati danteschi prima di arrivare, nel migliore dei casi, in quel fantasioso Paradiso? Può esistere per noi un “non tempo” ? Sarà che i ricercatori del “qui ed ora” cerchino questa dimensione a dispetto di Kant, Platone e tutta la schiera dei pensatori ? Credo proprio che i miti dell’Oriente ci indichino in vario modo questa dimensione dell’eterno e, a differenza di noi occidentali ritengono possibile trovarla qui e ora, per l’appunto.

R. Dovremmo allora cambiare il linguaggio il quale, specchio della nostra mente e della maniera di pensare, non possiede parole adatte all’impensabile. “Per sempre”, ad esempio, come pure il termine “eternità” ancora una volta, ci conducono a una condizione che è presente adesso (presente) e che durerà domani, dopodomani tra un secolo , tra un millennio ecc. (futuro) e stiamo dunque ancora pensando in termini temporali, così come similmente il termine “eternità” .
Perché dunque non abolire il “qui e ora” insieme all’eternità… come parole adatte ad esprimere quel che si piuttosto si potrebbe provvisoriamente chiamare “dimensione atemporale” . Ma in verità non so se la nostra psiche potrebbe coglierla qui, all’interno di una dimensione temporale che sembra sia l’unica dimensione nella quale siamo confinati.

G. in realtà è una sfida: o rimaniamo all’interno della dimensione temporale; e allora non ci rompessero le scatole con che deve esistere solo il presente: il tempo è tempo proprio perché esiste evidentemente il passato e il futuro. Oppure cerchiamo una dimensione atemporale qui nel tempo, senza dover condurre una vita santa per poterla sperimentare in paradiso o in un improbabile altro “aldilà” .

R. ma è una contraddizione in termini essere nel tempo e nell’atemporalità allo stesso tempo ! diventa un gioco di parole.

G. Eppure la tentazione di superare la dimensione normale del nostro esistere è parte della ricerca filosofica tanto orientale quanto occidentale. Prendi Parmenide per il quale il divenire, la nascita e la morte sono solo apparenze che non riguardano l’Essere che è mai nato e mai morirà: dunque sarebbe atemporale. Anche noi esseri umani “siamo” e magari siamo semplicemente ipnotizzati dalle apparenze e non scopriamo quella dimensione dell’essere.

R. E come la mettiamo con il tema del “libero arbitrio”. Se non c’è tempo, non c’è cambiamento, non c’è azione libera e la determinazione umana che possa orientare l’agire verso un obiettivo piuttosto che un altro. Tutto è già presente ! E se questo può andar bene per i beati nullafacenti in perenne contemplazione di Dio nel famoso paradiso, per noi umani è del tutto inappropriato. C’è da far tanto in questa vita e in questo disastrato mondo ; e poi ci sono i buoni e i cattivi a seconda di come passano il loro tempo. Insomma, se non ci fosse il tempo, non ci sarebbe neppure il movimento, il cambiamento nella natura come nelle nostre vite e dunque tutto sarebbe, per usare un’ingenua espressione, già scritto, anzi già fatto. Passato, presente e futuro con le infinite forme che li abitano, persone , cose , avvenimenti , fino all’ultimo filo d’erba che crescerà tra cinque secoli in una trascurabile campagna, già sarebbero nell’eterno presente. E allora addio al libero arbitrio e a tutti i moralisti , gli evoluzionisti e i maestri che ci dicono cosa sia meglio fare e non fare !
A tal proposito neanche potremmo parlare di “determinismo” che piuttosto evoca quasi una costrizione a fare o non fare causato da una forza superiore. Qui si prospetta invece l’idea di tutto già fatto , già detto, già pensato, da sempre e per sempre. La mente si sgomenta !

G. E’ che per arrivare a conclusioni del genere bisogna percorrere un altro sentiero: quello che porta all’”essere” e cioè chi siamo essenzialmente. Ma è tardi e non abbiamo tempo oggi per esplorarlo… possiamo riprendere il tema la prossima volta… con più tempo !