ACCORDI E DISACCORDI

Accordi e disaccordi

Tutti noi e specialmente chi, come noi, cerca di dare un senso alla propria esistenza, esploriamo il mondo della conoscenza e finiamo con l’abbracciare una visione o un’altra della vita,del mondo, degli altri, di Dio ecc..
E spesso abbiamo la tendenza a credere in qualcosa e, senza troppi scrupoli, ritenere che quel qualcosa che per noi rappresenta una verità, si opponga a qualsiasi altra e diversa visione sul tema .Di qui nascono due atteggiamenti complementari: avversione per la visione diversa dalla nostra e desiderio di convincere l’altro o gli altri che la visione giusta sia la nostra. E non è certo soltanto su temi filosofici che questo avviene; la politica, le questioni sociali, l’arte in genere, il cinema… insomma su qualsiasi tema della nostra esperienza esistenziale.
Più volte mi sono scagliato contro le presunte verità uniche ed immodificabili che le religioni propongono; territorio sul quale l’avversione diventa guerra e la “conversione” spesso pretesa con atti di violenza. Quanta proterva avversione hanno mostrato le Chiese nei secoli, torturando o ammazzando quelle persone che avevano la lungimiranza di ritenere che la terra girasse intorno al sole e non fosse al centro dell’universo contrariamente alla verità enunciata dalla Bibbia, che non poteva e non può essere contraddetta visto che sarebbe stata dettata da Dio in persona. Quanta avversione regna nel territorio della politica; nelle questioni sociali ed etiche, dove ancora persistono discriminazioni e condanne di intere categorie : le donne viste e trattate come oggetto di scambio, gli omosessuali che per taluni non avrebbero il diritto di vivere così come sentono e vogliono e così via. Sono temi e considerazioni sotto gli occhi di tutti.
Eppure la radice di queste perversioni è la stessa di quando discutiamo in famiglia su qualche scelta da fare, su temi di ogni genere, ad esempio, l’ultimo film di Sorrentino se sia una boiata pazzesca oppure un capolavoro all’altezza del famoso regista.
Anche la Psicologia con le sue ormai innumerevoli correnti è terreno di contesa sulla verità circa la struttura e le dinamiche che riguardano la persona. I grandi, medi o piccoli maestri cosiddetti “spirituali” , che dovrebbero convergere verso un obiettivo comune, spesso si scontrano sotterraneamente o esplicitamente attraverso atteggiamenti di sconcertante superbia (come si ridicolizza nella mia ultima satira sul tema).

D’altra parte ci si può chiedere: ma allora non esiste una verità? Non è pur vero che la terra gira intorno al sole? E, allo stesso modo, non è possibile concepire una verità incontrovertibile su qualsiasi altro tema?

Dobbiamo forse accettare quel relativismo, che oggi è anche corrente filosofica, per il quale una visione della realtà vale quanto quella opposta, nell’impossibilità o addirittura nell’irrealtà di un pensiero dominante, “epistemico” secondo la terminologia della filosofia antica?
Siamo dinanzi ad una coppia di opposti ineludibile: verità incontrovertibile e dunque unica e definitiva, o relativismo assoluto. Gli oppositori di quest’ultimo ragionano, coerentemente, dicendo che il relativismo si contraddice da solo, e cioè anche la convinzione di mancanza di verità forti è dunque relativa e forse sbagliata; oppure, se fosse vera, asserirebbe una verità ultima e cioè la mancanza di verità ultime!
Recentemente ho letto un buon libro di Carlo Rovelli, fisico teorico di fama internazionale, che, partendo da Anassimandro (filosofo presocratico), espone teorie e considerazioni scientifiche. Sappiamo tutti che la scienza asserisce i suoi enunciati sulla base di esperimenti e deduzioni matematiche tali che ci farebbe erroneamente credere che quel che dice è vero: l’aggettivo “scientifico” o l’avverbio “scientificamente”, suonano come “ è vero e basta !”
Eppure sentite cosa dice il grande scienziato:
“La chiave del sapere scientifico è la capacità di non restare aggrappati ad alcuna certezza, ad alcuna immagine data del mondo, ma essere pronti a cambiarla , anche ripetutamente, alla luce di ciò che sappiamo, di osservazioni, discussioni, idee diverse, critiche. La natura del pensiero scientifico è quindi essenzialmente critica, ribelle, insofferente a ogni concezione a priori, a ogni riverenza, a ogni verità intoccabile”
La scienza, dunque, anche la scienza, procede senza verità uniche, intoccabili e senza riverenze (ipse dixit!).

Ma allora non esistono errori ? Che la terra sia piatta col sole che gli gira intorno non è un errore ? Certo che si.
Popper diceva che ogni teoria scientifica deve contemplare la possibilità dell’errore cioè della sua fallibilità come ipotesi. E se una teoria viene contradetta da una teoria diversa, magari opposta… meglio così ! Vuol dire che si è andati oltre, che la conoscenza è progredita; lo scienziato contraddetto dovrebbe essere felice della scoperta del suo errore, sempre che sia interessato al progresso scientifico più che al suo amor proprio.
Si suole dire, d’altra parte, a proposito della nostra vita psichica che si impara dagli errori, che bisogna trarre profitto dagli errori; ma si dice anche che la lezione non sia trasmissibile ad altri che, se non sono scottati dall’errore non apprendono per esperienza altrui.
Ecco la nostra ricerca, la ricerca umana che comprende la somma di milioni di persone durante migliaia di anni. Come dicevo in un precedente articolo, si tratta della costruzione di una cattedrale mai terminata dove ognuno apporta qualcosa, fosse pure solo il consenso alla ricerca di altri. La fabbrica di questa Cattedrale della conoscenza include tentativi, errori, discussioni e idee diverse perché l’ambito della conoscenza della Realtà è enorme, infinito e dunque ognuno ne può cogliere una parte da una specifica angolazione, ognuno può sbagliarsi, ognuno può vedere un pezzetto di realtà che nessuno aveva visto ancora o correggere gli stupidi papi e vescovi ostinati a ritenere la terra al centro del Sistema ecc. L’errore non vale quanto una verità riconosciuta (relativismo totale!) l’errore è un errore e se qualcuno ancora ci crede, pazienza; magari prima o poi riconoscerà il suo errore: è parte del suo cammino.
Ma è proprio questo il punto: una cosa è riconoscere un errore palese o dimostrato tale, e altra cosa è ritenere , per principio, errata la ricerca altrui, ritenendo che il proprio punto di vista , l’angolo di visuale nel quale ci si trova per osservare e conoscere la Realtà sia l’unico. Potrei invece arricchirmi dal racconto di chi si trova in una diversa angolazione, come la storiella dei ciechi che per descrivere un elefante, raccontano la parte del corpo dell’animale che avevano toccato. Tutti avevano una qualche ragione ma la realtà dell’elefante non era resa dalle descrizioni parziali di chi aveva toccato una dura e inflessibile zanna o una mastodontica zampa o la flessuosa proboscide.

Ad esempio il libro di cui parlavo (di Carlo Rovelli) è per me molto interessante dall’angolazione scientifica ma lo trovo assolutamente limitato da una angolazione filosofica. E’ un mio parere e sono personalmente stato tentato di liquidare, sprezzante, il libro che pretende di parlare di Anassimandro senza neppure considerare (neanche in nota!) l’apporto di Heidegger e quello, ancor più pregnante, di Emanuele Severino. Ma poi ho continuato a leggere rilassando la mia presunzione di avere la verità, invece di considerarmi semplicemente portatore di una verità…. dal mio punto di vista.
Insomma, per concludere, se io, povero cieco, asserisco che quella cosa enorme che sto toccando (l’elefante) sia un meteorite, sono evidentemente in errore e sarà bene che avrò l’umiltà di ammetterlo quando l’avrò riconosciuto. Se asserisco invece, avendo toccato una zanna, che è un animale duro come la pietra, avrò detto qualcosa di vero ma ancora lontano dalla realtà completa e mi scontrerò con chi ha toccato la proboscide.
Se ascolto il punto di vista degli altri ciechi chissà potrò ricostruire una verità più grande e rendermi conto che l’errore più grande è proprio quello di chiudermi al racconto degli altri.

E se queste mie considerazioni sono errate… spero di poter riconoscere l’errore. E andare avanti.